Il culto Trinitario

A cura di sr. Milvia Molinari

Fino all’VIIl secolo la Chiesa non celebrò nessuna solennità in onore della SS. Trinità. Il dogma trinitario era stato codificato nel simbolo della fede – nel credo – formulato nei Concili di Nicea del 325 e di Costantinopoli del 381; mancava una ragione per l’istituzione di una festività per il fatto che nella liturgia è già tutto ordinato alla lode di Dio Uno e Trino: dal Sacrificio Eucaristico, ai Sacramenti, dalla liturgia delle Ore, al culto di Maria e dei santi, al segno stesso della croce. La Chiesa Orientale non ha, tuttora, una festa per la Trinità, il cui mistero, nel Rito Bizantino, è ricordato in modo particolare nella festa della Pentecoste. – CENNO STORICO. La festa della Trinità nasce dalla devozione privata verso questo mistero, nei paesi franchi, nel periodo carolingio; riceve un notevole impulso dall’Admonitio generalis del 789 e dal Capitolare XXVIII del 794 che prescrivevano la dottrina cattolica sulla Trinità. I primi centri di questa devozione furono i monasteri di Aniane e di Tours: nel primo il suo fondatore, S. Benedetto d’Aniane (†812), dedicò, nel 782, la chiesa abbaziale alla SS. Trinità; nel secondo monastero, visse Alcuino (†804), fautore di tale devozione e autore di trattati sulla Trinità. Tale devozione ebbe fin dall’inizio il carattere di una professione di fede nel mistero trinitario, come testimoniano preghiere dell’epoca. Alcuino scrisse una Messa votiva in onore del mistero della Santissima Trinità che rimase ad uso privato fino al 1022, quando fu riconosciuta ufficialmente dal Concilio di Saligenstadt. Nel 920, intanto, Stefano vescovo di Liegi istituì nella sua diocesi una festa dedicata alla Santissima Trinità e per la sua celebrazione fece comporre un Ufficio Liturgico. Il suo successore, Richiero, mantenne tale festività, che andò diffondendosi, grazie anche all’appoggio dell’Ordine monastico benedettino; un documento del 1091 dell’Abbazia di Cluny attesta che la sua celebrazione era ormai ben radicata. Nella seconda metà dell’XI secolo, Papa Alessandro II, pur rilevando l’ampia diffusione di questa festa, non la ritenne obbligatoria per la Chiesa universale, per il fatto che «ogni giorno l’adorabile Trinità è senza posa invocata con la ripetizione delle parole: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto, e in tante altre formule di lode». Nonostante ciò, la festa proseguì nella sua diffusione, sia in Inghilterra, per opera di San Tommaso di Canterbury, sia in Francia, grazie anche all’Ordine cistercense. Agli inizi del 1200, l’abate Ruperto afferma: «Subito dopo aver celebrato la solennità della venuta dello Spirito Santo, cantiamo la gloria della Santissima Trinità nell’Ufficio della Domenica che segue, e questa disposizione è molto appropriata, poiché subito dopo la discesa di quel divino Spirito cominciarono la predicazione e la fede e, nel battesimo, la fede, la confessione del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Ruperto abate, Dei divini Uffici, I, XII, c.). La festa della Santissima Trinità fu definitivamente inserita nelle celebrazioni della Chiesa di Roma da papa Giovanni XXII, nel 1331 e collocata nella I Domenica dopo Pentecoste. Con l’introduzione del Missale Romanum, nel 1970, si preferì ripristinare la durata del tempo pasquale nei 50 giorni (attestati biblicamente), accadde che la Solennità della Trinità, pur rimanendo collocata alla prima domenica dopo Pentecoste, non era più il primo giorno del Tempo ordinario dopo Pentecoste in quanto il Lunedì dopo Pentecoste, cioè il Lunedì precedente la Solennità della Trinità, diventava il primo giorno del tempo ordinario, dopo Pentecoste. “L’essenza della fede cristiana consiste nella conoscenza e nell’adorazione di Dio unico in tre persone. Da questo mistero scaturiscono tutti gli altri, e se la nostra fede se ne nutre quaggiù come del suo supremo alimento, aspettando che la sua visione eterna ci rapisca in una beatitudine senza fine, è perché è piaciuto 2 al sommo Signore di dichiararsi quale egli è al nostro umile intelletto, pur restando nella sua “luce inaccessibile” (1Tm 6,16). La ragione umana può arrivare a conoscere l’esistenza di Dio come creatore di tutti gli esseri, può farsi un’idea delle sue perfezioni contemplando le sue opere, ma la nozione dell’intima essenza di Dio non poteva giungere a noi se non attraverso la rivelazione che egli si è degnato di farcene. (da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico, Alba, 1959, p.368). – IL CULTO TRINITARIO IN S. GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO. Il Cottolengo ebbe particolare devozione verso la SS. Trinità. Suor Pia afferma: «Ho sentito dire che il principio di questa devozione fosse in lui originato dall’avere celebrato la sua prima Messa nella festa della SS.ma Trinità». Inoltre, non bisogna dimenticare che la casa Cottolengo era contigua alla confraternita della SS. Trinità, cui il santo fu iscritto fin da adolescente. A Corneliano, dove il Cottolengo fu vicecurato, la festa principale era quella della SS. Trinità, che si celebrava nella chiesa ad essa dedicata. Inoltre a Torino egli appartenne alla Collegiata della SS. Trinità. Si tratta di coincidenze che certamente hanno accentuato la sua sensibilità verso il mistero della SS. Trinità. La giornata nella Piccola Casa iniziava con il canto dell’inno alla Santissima Trinità:

Jam sol recèdit igneus, Tu lux perènnis Unitas, Nostris, bèata Trinitas, Infùnde amòrem còrdibus. Te mane laudum càrmine, Te deprecàmur vèspere: Dignèris ut te sùpplices, Laudèmus inter caèlites. Patri simùlque Filio Tibìque, Sancte Spìritus, Sicut fuìt, sit jùgiter Saèclum per omne gloria. Amen.

Piccola Casa, Chiea Grande, SS. Trinità, Scuola Reffo, vela centrale del catino absidale

Perché questo inno? (dai vespri della festa della Santissima Trinità). Il primo versetto non si addice certo all’ora in cui era cantato, circa le quattro e mezza del mattino; invece si adatta bene, all’ora mattutina, l’inizio della seconda strofa. Forse, il Cottolengo, volendo onorare prima di tutto la SS. Trinità, scelse questo inno, noto, perché fosse cantato a memoria da molti. Con l’istituzione della Laus Perennis, -1841- ogni ora di adorazione inizierà con questo inno. Altre espressioni sottolineano il culto e l’amore alla Trinità da parte del Cottolengo, come: – la richiesta, inserita nella seconda parte del “Vi adoro”, che affetti, pensieri, parole ed opere impiegati a beneficio dei poveri siano a gloria della Santissima Trinità; – il coroncino di centoventi Gloria, che le suore Pastorelle recitavano ogni mattina; – l’aver posto i Sacerdoti della Piccola Casa sotto la protezione della SS. Trinità; – l’accogliere ogni giorno tre poveri per il pranzo, nella saletta dell’ingresso. Così si esprime don Eugenio Valentini, salesiano, nel suo libretto “Spiritualità cottolenghina”: “Il mistero Trinitario è il mistero fondamentale della Rivelazione Divina, e come tale rimane alla base e al culmine d’ogni spiritualità ben ordinata, come lo è nella spiritualità liturgica della Chiesa. Il Cottolengo possedette, anche in questo, il senso liturgico della Chiesa in maniera meravigliosa”.

O Dio onnipotente ed eterno, che per mezzo della vera fede hai concesso di conoscere la gloria dell’eterna tua Trinità e di adorare la grandezza della tua Unità, fa’ che questa fede fermissima ci faccia forti in tutte le avversità della vita. Amen.

Piccola Casa, Chiesa grande, simbolo trinitario, volta sopra cancello centrale pronao.

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