ESPERIENZA ALL’OSPEDALE di Rosanna Cometto

ESPERIENZA ALL’OSPEDALE
Ciao, sono Rosanna, attualmente volontaria all’ospedale del Cottolengo.
Nonostante siano anni che offro la mia disponibilità alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, ho frequentato il corso di formazione volontari per i “new entry”. Ho trovato il corso molto interessante e molto ben strutturato. Spero vivamente che sia servito a chi vuole approcciarsi a questa attività.
Ho avuto a che fare con persone che, appena arrivate in ospedale, si sentivano già in grado di fare tutto senza avere l’umiltà di chiedere consigli a chi ha più esperienza, ma non si smette mai di imparare: questo corso mi ha insegnato altre cose. Ci sono stati e li ho personalmente vissuti molti interventi di forte emozione e tante testimonianze di persone di un certo spessore. E’ vero che fare
volontariato fa molto bene a noi oltre che alle persone che possiamo aiutare.
In questo periodo mi occupo dell’accoglienza nei poliambulatori dell’ospedale dove arrivano
persone di ogni estrazione. Ho visto tanta solitudine: arrivano persone anziane frastornate,
preoccupate del fatto di dover si sottoporre ad esami clinici e le visite, specialmente verso le
persone sole, sono già motivo di apprensione. Purtroppo molte persone non hanno più nessuno vicino e sta a noi accoglierle e farle sentire a proprio agio.
Ci sono tanti esempi da raccontare.
Ho assistito una signora che non aveva più parenti e l’ho accompagnata in tutte le “tappe” del pre-ricovero. Quando le hanno chiesto chi voleva mettere come referente lei non sapeva chi proporre ed ha chiesto a me se poteva mettere il mio nome, ma non era fattibile: io non potevo farmi carico e decidere se ci fosse stato bisogno per una persona che non conoscevo, ed ha indicato allora una persona vicina di casa. In quella situazione molto triste avrei voluto aiutarla ma non ho potuto, non mi sono sentita perché la responsabilità era troppo grande.
Ho provato una grande emozione quando, dopo aver accompagnato una signora marocchina (che a stento parlava italiano, nel percorso delle visite e degli esami di laboratorio, uscita dall’ascensore mi ha abbracciata esclamando “Grazie sorella”. Non avevo fatto nulla di speciale eppure per lei è stato come se le avessi fatto un regalo facendola sentire un’amica. Quel “Grazie sorella”mi è rimasto nel cuore e tu capisci allora di aver fatto una cosa giusta.
Certe ragazze di colore, incinte, arrivano con un atteggiamento aggressivo perché, credo, ritengono di non essere accettate facilmente: per cui a volte sono maleducate ed indisponenti come arma di difesa, però se le guardi come persone normali e fai loro una gentilezza tipo accarezzare la pancia e chiedere loro quando nascerà il o la piccola, se sarà maschio o femmina si sciolgono e raccontano un po’ della loro vita, magari che hanno già altri figli a casa. Il loros sguardo cambia, sorridono e tu capisci di aver fatto una cosa buona.

Arriva una mamma con un bambino nella carrozzina: se lo guardi e le dici “che bello” e le chiedi “quanti mesi ha” ringrazia sorridendo: capisci in quel momento di aver fatto ancora una cosa giusta e bella.
Tanti ragazzi con lo sguardo duro e, direi, anche arrabbiato se sorridi loro sono quasi stupiti,
abituati ad essere considerati “brutte persone” e se anche a loro ti approcci gentilmente cambiano atteggiamento, e tu capisci che questo loro atteggiamento da arrabbiati è una difesa.
Mi è capitato di vedere un ragazzo che dopo un prelievo di sangue non si è sentito troppo bene: era seduto e forse spaventato e gli ho offerto un bicchiere d’acqua. Ovviamente per bere si è tolto la mascherina ed allora gli ho detto: ”Ma come sei bello, hai un bel sorriso”. Sicuramente non sono state le mie parole a farlo stare meglio però si è sentito bene e se n’è andato via ringraziandomi.
Allora anche questa volta ho capito di aver fatto una cosa giusta.
Arriva con il bastone, zoppicando, una signora anziana, rumena: le chiedo se ha piacere che le vada a prendere una carrozzina e lei dice “sì” ringraziandomi: in quel momento capisco di aver ancora una volta fatto una cosa buona e giusta.
Questi sono alcuni esempi del mio vissuto da volontaria dell’ospedale Cottolengo.
Altro ricordo. Una signora non più giovane si lamentava con una mia collega che da diverse
settimane, ogni lunedì arrivava in ospedale cercando di prenotare delle visite perché al telefono non riusciva a prendere la linea. Era molto dispiaciuta, aveva anche le lacrime agli occhi. Mi sono avvicinata dicendole che aveva ragione e che purtroppo il sistema era così e non permetteva diversamente. Lei allora si è sentita “compresa da qualcuno” e mi ha raccontato che era sola ed era costretta a prendere due mezzi di trasporto da Venaria per arrivare in ospedale. Ho cercato di farla parlare, distraendola da questo problena per passare il tempo. L’ho accompagnata infine all’ufficio informazioni dove un ragazzo, molto comprensivo, le ha dato un numero di telefono dicendole di chiamare per sapere quando fossero aperte le prenotazioni, senza farla tornare all’ospedale.
La signora, molto serena , è andata via molto sollevata ed ancora ho capito di aver fatto una bella e buona cosa.
Tutti questi sono solo alcuni esempi che stanno a significare che a volte basta un sorriso, una parola, un gesto gentile per aiutare le persone.
Questo è una parte del lavoro di volontario: ho voluto condividere questa esperienza anche se non ho nulla da insegnare, però spero vivamente che chi si accosta a questo servizio capisca
l’importanza dello stare a sentire le persone.
Auguro a tutti i volontari di svolgere questo servizio con umiltà ed amore che forse sono le cose più importanti.

Rosanna COMETTO 22 maggio 2024

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